Continua la rincorsa dei prezzi sulla rete carburanti: da venerdì scorso in molti distributori italiani il prezzo della benzina ha superato i due euro al litro e non sembra che con l’inizio della settimana le cose stiano migliorando, anzi: l’aumento dei prezzi non si è fermato e potrebbe continuare anche nei prossimi giorni, con conseguenze notevoli sia per le famiglie che per gli autotrasportatori.
L’invasione russa in Ucraina è soltanto una delle cause dell’aumento dei prezzi, legato all’andamento di molti altri indicatori che a loro volta possono essere influenzati direttamente o indirettamente dal conflitto in corso. La situazione è piuttosto complessa per via dell’incertezza generale e soprattutto perché è difficile capire quali saranno le conseguenze delle pesanti sanzioni decise da paesi e aziende occidentali nei confronti della Russia, uno dei maggiori produttori mondiali di energia. Secondo l’osservatorio del ministero dello Sviluppo economico, già dalla scorsa settimana il prezzo medio della benzina a livello nazionale aveva superato 1,9 euro al litro in modalità self service, la meno costosa, mentre il prezzo medio del gasolio è sopra 1,7 euro al litro. I prezzi nella modalità “servito”, sia per benzina che per gasolio, invece hanno superato i due euro al litro.
Cosa incide sull’aumento dei prezzi?
L’incremento dei prezzi dei carburanti è legato ad una serie di spiacevoli situazioni, una sorta di “tempesta perfetta”, che si protraggono da diverse settimane:
- L‘invasione russa in Ucraina sembra avere dirette conseguenze sull’aumento dei prezzi del carburante. Con circa 10 milioni di barili/giorno totali di output, di cui la metà (5 milioni di barili) esportati ed equivalenti al 12% del commercio globale, la Russia è il terzo produttore mondiale di petrolio, grazie ai suoi giacimenti e piattaforme petrolifere nel Mare del Nord. Questo mette in posizione di forza questo paese che, in caso di embargo delle materie prime o semplice strategia militare, potrebbe interrompere le forniture causando un improvvisa penuria di petrolio che, inevitabilmente, farebbe schizzare alle stelle il prezzo. Nonostante ciò, secondo il presidente dell’UNEM (Unione Energie per la Mobilità) è ancora presto per capire cosa succederà ai prezzi e l’invasione della Russia sembrerebbe avere meno conseguenze dirette sul mercato dei petrolio rispetto a quello del gas, di cui la Russia esporta un’enorme quantità nei paesi europei.
- L’annuncio dell’embargo da parte di Stati Uniti e Regno Unito sui prodotti energetici provenienti dalla Russia ha dato un’ulteriore spinta alle quotazioni.
- L’effetto del cambio tra euro e dollaro: negli ultimi giorni l’indicatore è sceso in modo evidente fino a quota 1,09 (cioè un euro è valso 1,09 dollari) con una tendenza piuttosto negativa. Il cambio influisce direttamente sul prezzo della benzina perché con un euro forte il costo di un barile di petrolio è decisamente inferiore. Basta lanciare uno sguardo al passato: nel 2008 il costo del barile era arrivato a 144 dollari, ma con il cambio favorevole all’euro il prezzo finale in Europa era di 97 euro. Negli ultimi giorni, invece, con il prezzo del barile sopra i 110 dollari, il cambio sfavorevole ha portato i prezzi a superare la soglia di 100 euro al barile.
- Il prezzo finale della benzina è determinato anche dalle accise, cioè dalle tasse. Secondo la rilevazione diffusa dal ministero della Transizione ecologica relativa al 28 febbraio, accise e IVA costituiscono il 57 per cento del prezzo finale della benzina, mentre il prezzo industriale copre il 43 per cento. Le percentuali sono simili se si osserva il prezzo del gasolio: il 53,5 per cento è costituito da accise e IVA, il 46,5 per cento dal prezzo industriale.
Aumento prezzo benzina e diesel, carburante alle stelle
Aumenti in corso di benzina e diesel: la media del diesel servito viaggia verso i 2,1 €/l, mentre si avvicina ai 2 € nella modalità self (già raggiunti in alcuni distributori). La verde continua a salire ed è ormai stabile sopra i 2,1 € nel rifornimento con servizio. Nonostante abbia un’accisa più bassa, il gasolio ha fatto registrare un’impennata clamorosa. Con gli aumenti delle ultime ore, in molti distributori costa più della verde.
Secondo le rilevazioni Assoutenti, associazione specializzata nel settore dei trasporti, e il Codacons, oggi un litro di benzina e diesel costa oltre 16 euro in più rispetto allo stesso periodo del 2021, ovvero +402 euro a famiglia solo per i maggiori costi di rifornimento.
Aumento prezzo del metano
L’aumento dei prezzi di mercato del gas ha portato il metano a superare anche quota 2 euro al kg. Secondo le ultime rilevazioni, il prezzo medio del metano auto è compreso tra 1,749 e 1,882 (no logo 1,778), mentre i prezzi praticati del Gpl vanno da 0,821 a 0,835 euro/litro (no logo 0,816). L’aumento è stato repentino e costituisce una vera anomalia, se consideriamo che dal 2005 ad oggi il prezzo medio annuale del gas si è sempre attestato intorno ai 24,50 cents/smc.
L’aumento del metano ha spiazzato un po’ tutti visto che finora era considerato un carburante economico. L’incremento però è stato causato dal costo della materia prima che da inizio anno è quasi triplicato. Gli effetti negativi dell’aumento del metano, oltre che sugli automobilisti, si ripercuotono anche sui consumatori dato che viene utilizzato anche dall’intero settore dei trasporti (come i camionisti e chi guida i mezzi da lavoro).
Aumento prezzo del GPL
I prezzi praticati del Gpl risultano ancora in salita e vanno da 0,859 a 0,879 euro/litro (no logo 0,854). Una veloce analisi evidenzia che il prezzo del GPL ha superato 0,84 euro al litro con picchi anche di 0,87 euro al litro. Si tratta di un valore decisamente elevato soprattutto se consideriamo che nel gennaio del 2021 il prezzo del GPL era di appena 0,632 euro al litro.
Effetto aumento carburanti sulle famiglie
La benzina e il gasolio costano oltre 22% in più. Gli incrementi dei carburanti inevitabilmente hanno effetti diretti sulle spese dei consumatori: solo per i rifornimenti di carburante una famiglia spende oltre 400 euro per la benzina e il gasolio.
Oltre al costo del rifornimento, bisogna tenere conto anche di tutti quelli effetti “indiretti”: dall’aumento dei prezzi al dettaglio per una moltitudine di prodotti ai pesanti rincari delle tariffe di luce e gas (che rischiano di registrare aumenti record ad ottobre); anche l’industria va incontro a maggiori costi di produzione che vengono inevitabilmente scaricati sui consumatori.
In Italia infatti l’85% della merce trasportata viaggia su gomma, e i costi di trasporto incidono sui prezzi finali praticati ai consumatori al supermercato. Sono in arrivo pesanti aumenti anche per pasta, pane, farine, cereali, biscotti, e dolciumi, con i prezzi al dettaglio di una moltitudine di prodotti che potrebbero subire nel breve termine rincari tra il 15% e il 30%.
Correre ai ripari
La petizione online di Federmetano e Assogasmetano
Sul caro prezzi del metano Federmetano e Assogasmetano hanno lanciato una petizione online, con l’obiettivo di spronare il Governo ad agire per tutelare il settore del gas naturale per autotrazione e chi ha scelto la mobilità a metano. Nello specifico la richiesta prevede una riduzione dell’IVA dal 22% al 5% anche per il metano ad uso autotrazione (già accordata agli altri usi di gas civile e industriale), e di istituire un credito d’imposta alle aziende di trasporto che utilizzano veicoli a gas naturale.
Riserve di emergenza
I 31 paesi che fanno parte dell’AIE, l’agenzia internazionale dell’energia, hanno deciso di collocare ulteriori 60 milioni di barili di petrolio delle loro riserve di emergenza per inviare «un messaggio unificato e forte ai mercati mondiali del petrolio che non ci saranno carenze di approvvigionamento a seguito dell’invasione della Russia in Ucraina». Al momento, come si può osservare dall’andamento dei prezzi della benzina, gli effetti di questa misura non ci sono stati.
Sono 60 milioni, pari al 4% degli 1,5 miliardi totali, i barili di petrolio che l’organizzazione ha deciso di riversare sul mercato per mettere un freno alla corsa delle quotazioni. Una cifra pari a 2 milioni al giorno per un mese, per aiutare, tra le altre cose, gli automobilisti a fare un pieno di benzina o diesel a costi meno onerosi.
Cambio di fornitori
Anche se l’Italia dovesse azzerare le importazioni di petrolio dalla Russia potrebbe trovare alternative più rapidamente rispetto al gas naturale, che importiamo in gran parte dalla Russia, da cui dipende il 43% di tutte le importazioni dall’estero. «Dalla Russia ci arriva il 10% del greggio che importiamo», ha detto il presidente dell’UNEM «La nostra capacità di raffinazione è diversificata: nel 2021 ci siamo riforniti da 22 Paesi, con 72 diversi tipi di greggio. Come già accaduto con le crisi di Libia e Venezuela, non sarebbe uno choc sostituire la Russia tra i nostri fornitori».
Riduzione delle accise
Una soluzione potrebbe essere rappresentata da una riduzione della tassazione dei carburanti, che come già detto incide pesantemente sul prezzo finale del carburante. Gli appelli e le richieste dalle varie associazioni non mancano, tuttavia non c’è ancora una proposta concreta. Ci vorrà comunque molto tempo prima che il prezzo del greggio ritracci in modo significativo