Crisi del chip: mercato auto KO

Piove sul bagnato per il mercato dell’auto.

Non è un segreto che pandemia e lockdown abbiano causato ingenti danni al mercato dell’auto. Nonostante la situazione sanitaria sia migliorata, si continuano a percepire gli strascichi della crisi pandemica. A confermarlo sono proprio i numeri: secondo i dati del Ministero delle Infrastrutture, nel mese di settembre si è verificato un calo del 32,7% delle immatricolazioni di auto rispetto allo stesso periodo del 2020. Le nuove immatricolazioni sono state 105.175, 51.200 auto in meno rispetto a settembre 2020.

In Europa la situazione non è più rosea: nel mese di agosto, nei mercati dell’Unione Europea, Paesi Efta e Regno Unito sono state immatricolate 724.710 auto, il 18,1% in meno dello stesso mese del 2020.

Due crisi che si sovrappongono. Al calo delle vendite e delle immatricolazioni, si aggiungono due ulteriori problemi. A condizionare negativamente il mercato automotive troviamo: la crisi dei componenti elettronici e l’esaurimento degli incentivi. Da una parte la crisi dei chip è e sarà causa di forti ritardi nella consegna di moltissimi veicoli e di rallentamenti nella vendita. Dall’altra le risorse destinate all’Ecobonus sono praticamente esaurite; in due giorni i fondi che nelle scorse settimane erano stati trasferiti dall’Extrabonus sono già esauriti.

La crisi dei chip e delle materie prime 

Per comprendere la situazione che sta interessando il mercato a livello globale, bisogna partire dalle materie prime utilizzate per la costruzione dei chip. La Cina, che nei mesi in cui il mondo si è letteralmente fermato ha strategicamente pianificato l’acquisto e incameramento delle principali materie prime. I magazzini di tutto il mondo, con la ripresa delle catene produttive, hanno iniziato ad esaurire le scorte, mentre la Cina si è aggiudicata gran parte del controllo delle materie prime. Il noto meccanismo del mercato di domanda-offerta ha fatto il resto: l’incremento della domanda ha fatto conseguentemente lievitare i prezzi.

Quindi il costo delle materie prime “strategiche” per l’automotive continua a crescere e la carenza di chip sta mettendo in ginocchio i costruttori.

Crisi del chip e logistica

Al problema delle materie prime si aggiunge quello della logistica, i cui prezzi sono aumentati. Trasportare i prodotti dalla Cina e da tutto l’Estremo Oriente è diventato difficile e oneroso: i prezzi dei container sono infatti triplicati, le scorte ridotte e le difficoltà di approvvigionamento aumentate. A risentire maggiormente dei rincari dei trasporti e delle interruzioni di produzione è tutto l’Aftermarket auto. La conseguenza? Un abbassamento delle scorte in magazzino di distributori e ricambisti, tempistiche dilatate e forti rincari dei listini ricambi di produttori e fornitori. Ad aggravare la situazione, le difficoltà di trasporto dei prodotti provenienti dalla Cina e dal Far East: il costo di trasporto di un container dalla Cina all’ Italia è triplicato, come testimoniano molti operatori.

Crisi del chip e automotive 

La scarsità globale di semiconduttori sta avendo una forte influenza negativa sia sul settore tecnologico, sia su quello delle auto che necessitano di parecchi chip per il corretto funzionamento. I semiconduttori sono alla base dell’elettronica dei veicoli, in particolare degli ADAS, fondamentali quindi per la produzione delle auto.

I volumi di produzione di chip diminuiscono, a fronte di una domanda che aumenta sempre di più. Di conseguenza si vendono ad un prezzo unitario più elevato. Chi ci guadagna? I big del settore, che hanno chiuso i bilanci del primo semestre del 2021 con risultati record. Non solo: alcuni di loro hanno già annunciato un aumento dei prezzi dei propri prodotti tra il 10% per i prodotti più sofisticati fino al 20% per quelli più basici, proprio quelli usati nell’industria dell’auto.

Le cattive notizie per l’automotive non finiscono qui:

Chi produce chip preferisce concentrare la produzione su quelli più innovativi e avanzati, destinati generalmente a pc, smartphone e tablet (Apple, Xiaomi etc.) e per i quali i margini di profitto sono molto più alti. Ad indirizzare i produttori di chip in questa direzione c’è anche il cambiamento di stile di vita registrato con la pandemia: le limitazioni agli spostamenti e l’avvento lo smartworking hanno determinato una forte crescita della domanda di computer portatili, tablet e smartphone, prodotti che impiegano numeri rilevanti di semiconduttori.

Le conseguenze?

La società di consulenza AlixPartners prevede che, a causa della scarsità di chip, il settore produrrà quest’anno 3,9 milioni di veicoli in meno, con una perdita di entrate per 110 miliardi di dollari.

La tensione è elevata e ne risente anche la borsa: in questi giorni tra i più penalizzati troviamo Stellantis +3,09% a Milano (-4,2% a Parigi), -4,3% Renault sul Cac40, a Francoforte -3,3% Bmw, -3,2% Volkswagen e -2,4% Daimler. La stessa Mercedes-Benz ha annunciato un -30% dei volumi di vendita a livello globale, proprio a causa della crisi del chip.

Il risultato di questa crisi in parole povere? Il cliente fa e farà fatica a trovare vetture nuove, una volta trovata i tempi di consegna saranno biblici (fino a dai 9 ai 12mesi di attesa). Inoltre le case automobilistiche, per ottimizzare, si concentreranno sempre di più su quei modelli che possono garantire più alti margini di profitto.